Un curioso episodio, accaduto nel 1848 a un commerciante di olio, dal Cognome Garibaldi.
Il 30 dicembre 1848, il Ministro dell’interno diramò una circolare a tutti gli intendenti del regno, esortandoli a vigilare circa l’eventuale presenza di elementi garibaldini incaricati di far sollevare le popolazioni.
Alla polizia di Bari non sfuggì alla presenza di un fratello del Generale Giuseppe Garibaldi, di nome Felice spesso era presente in città, dove era arrivato sin dal 1835 all’età di ventidue anni munito di regolare passaporto, quale commesso della Ditta Avigdor Ainè et Fils, per acquistare oli di oliva.
Egli si occupava abitualmente dell’azienda con Paolo Diana e a Roberto Cohen, spesso faceva delle puntate anche a Bitonto e Terlizzi, recandosi pure, ogni due o tre anni a Nizza per fare il rendiconto ai Signori Avidgor sull’andamento degli affari.
Pur avendo fama di zerbinotto e donnaiolo, nelle feste di precetto soleva recarsi in chiesa accostandosi ai sacramenti ed era anche ufficiale della Guardia Nazionale: conducendo una vita morigerata assistita dalla fedele domestica Chiarina da Giovinazzo, che lo accompagnava ovunque anche a Nizza.
Nel 1848 le cose per lui mutarono a tal punto che un giorno passando da Napoli di ritorno da Bari, fu oggetto di particolare attenzione da parte del prefetto di polizia Gaetano Peccheneda, il quale segnalò la sua presenza e tutti i suoi movimenti al Ministro dell’interno, mentre anche l’intendente di Bari Carlo Imperiali era incaricato di vigilare sui suoi movimenti all’interno e all’esterno della città di Bari.
Pur avendo una condotta irreprensibile nel marzo 1849, gli fu notificata un’intimazione lasciare la città di Bari, anzi il Regno entro sei giorni dalla notifica, Felice si precipitò a Napoli per parlare con il ministro, che non fu comunque revocata.
Poco tempo dopo, il nuovo intendente di Bari Luigi Ajossa, gli rifiutò la restituzione del passaporto, di cui aveva bisogno per il rientro in Francia, lo dipinse, in un suo rapporto, come audace turbolento, operoso spacciatore di false notizie sovversive e in più colpevole di provocazione diretta a eccitare i sudditi a cambiare forma di governo.
Il 19 maggio1851, riuscì a cavarsela grazie a un indulto, ma l’anno successivo, pur colto da una grave malattia, fu visto partire da Napoli per Marsiglia.
Da quel Momento non fece più ritorno a Bari né 1855 giunse la ferale notizia della sua morte, avvenuta a Nizza il giorno 11 novembre.
Certo è che non si è potuto mai capire se lui fosse davvero un uomo mite e innocuo com’era apparso alla polizia, oppure fosse un abile infingardo e un pericoloso cospiratore al soldo del fratello Giuseppe.
Anna Sciacovelli