Il termine “terre rare” è ormai entrato nell’uso quotidiano, rilanciato quotidianamente dai media, per parlare del possibile accordo al vaglio di Washington e Kiev per lo sfruttamento dei proventi derivanti dalle risorse minerarie ucraine. Ma cosa si intende con il termine “terre rare”? Una risposta arriva da Rodolfo Carosi, docente dell’Università di Torino e residente della Società geologica italiana. “Le terre rare sono un gruppo di 15 elementi, i lantanidi, a cui si aggiungono ittrio e scandio, con proprietà chimiche e fisiche simili” si legge in una nota. “Conosciute con l’acronimo inglese di Ree (Rare earth elements), nonostante il nome, non sono gli elementi più rari in natura, poiché sono mediamente presenti nella crosta terrestre con concentrazioni di alcuni grammi per ogni tonnellata di roccia”.
Il professore continua: “L’oro, ad esempio, è oltre mille volte più raro, non superando generalmente 1 milligrammo per tonnellata di roccia”. La relativa scarsità delle terre rare sul mercato quindi, come evidenzia Carosi, “non è legato alla loro abbondanza nella crosta terrestre, quanto invece alla rarità con cui i processi geologici le hanno concentrate in giacimenti da cui si possono economicamente estrarre”.
L’EQUIVOCO? “UNA SEMPLIFICAZIONE DELLA COMUNICAZIONE”
Simone Vezzoni, coordinatore Giacimenti minerari per la Società geologica italiana e ricercatore dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr, nella stessa nota mette poi in luce il fatto che le terre rare siano “insostituibili ed essenziali per applicazioni in settori strategici quali le energie rinnovabili, la mobilità elettrica, l’aerospazio e la difesa”. Vezzoni continua: “Nel caso delle ‘terre rare’, l’Europa dipende totalmente da Paesi stranieri e, principalmente, dalla Cina. Nel 2024, infatti, sono state estratte in Cina 270mila tonnellate di ossidi di Ree, circa il 70% della produzione mondiale (fonte dati Usgs). La Cina, infatti, ospita alcuni fra i più importanti giacimenti al mondo per Ree e, ad esempio, i nostri computer probabilmente contengono Ree estratte in Cina, ma non in Ucraina”.
Ma allora, si chiede Vezzoni, “perché si parla di un accordo per le ‘terre rare’ tra Ucraina e Stati Uniti? Probabilmente è una semplificazione della comunicazione”.
IL LITIO E LE “MATERIE PRIME CRITICHE”
Lo studioso puntualizza: “Si usa il termine ‘terre rare’ intendendo genericamente tutte le materie prime. Infatti, in Ucraina, non abbiamo notizie su attuali progetti di estrazione di Ree ed è conosciuto un solo distretto minerario potenzialmente interessante. La mineralizzazione, situata presso il mare di Azov, è attualmente in territorio sotto il controllo russo. L’Ucraina, però, è ricca di altre risorse minerarie importanti, di altre materie prime critiche, fra cui il litio, e probabilmente l’accordo riguarderà tutti questi elementi, così ‘rari’ e ‘preziosi’ per le economie di tutto il mondo”.
Il ricercatore conclude: “Le ‘materie prime’ critiche e non, avranno sempre più importanza nell’indirizzare le politiche a scala globale e i geologi sono e saranno tenuti a fare la loro parte, per affrontare le nuove sfide, legate al rapido mutamento del quadro geopolitico a scala globale e alla transizione energetica”.
Fonte Agenzia Dire