Il Wwf Italia, insieme a Legambiente, ha presentato istanza per sostenere il ricorso al Tribunale dell’Unione europea contro la Decisione (UE) 2024/2669, che ha avviato l’iter per il declassamento del lupo nella Convenzione di Berna. L’associazione del Panda oggi è stata in audizione alla commissione Politiche Ue, nell’ambito dell’esame, ai fini della verifica di conformità al principio di sussidiarietà, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 92/43/CEE del Consiglio per quanto riguarda lo status di protezione del lupo (Canis lupus).
Il Wwf Italia invita il Parlamento italiano e le istituzioni europee “a rigettare con decisione la proposta di modifica della Direttiva Habitat e a promuovere soluzioni basate su conoscenze scientifiche, prevenzione efficace e coesistenza, non sulla disinformazione e sulla pressione di interessi di parte”.
La proposta europea “ignora completamente lo stato di conservazione delle 9 popolazioni di lupo presenti nel continente: 6 di esse sono ancora classificate come vulnerabili o quasi minacciate dalle liste rosse IUCN”, avverte il WWF. La stessa Large Carnivore Initiative for Europe (LCIE), organo della IUCN composto dai maggiori esperti di grandi carnivori a livello europeo, “ha dichiarato che il declassamento è prematuro e non fondato su basi scientifiche, raccomandando piuttosto una attenta gestione territoriale mirata e supportata dalla ricerca”.
“È del tutto irrazionale prendere una decisione politica che rischia di farci compiere gli stessi errori del passato e compromettere decenni di successi nella conservazione della specie– ha sostenuto il WWF Italia- per un impatto sul bestiame che i numeri definiscono assolutamente marginale e che vengono ingigantiti solo per pressioni provenienti dal mondo zootecnico e da quello venatorio”. Il Wwf ha ribadito che la Direttiva Habitat già oggi consente deroghe puntuali per interventi mirati, quando sussistano danni significativi o rischi per la pubblica sicurezza, purché non siano disponibili alternative efficaci. Un regime che ha sempre permesso di gestire le situazioni conflittuali, senza danneggiare la specie.
WWF: “IL LUPO PREDA SOLO 0,06% CAPI BESTIAME, DECLASSAMENTO PROTEZIONE È POLITICO”
“Ci opponiamo al declassamento, basato su ragioni politiche e non scientifiche. La scienza dice che con le rimozioni non c’è efficacia nella riduzione dei conflitti tra lupo e zootecnia. Poi non tiene conto delle differenza tra status di conservazione e minacce al lupo nel nostro continente. Il fine ultimo è consentire maggiore flessibilità gestione lupo per limitare i danni al comparto zootecnico”. Eppure “i dati relativi al 2023 dicono che il lupo è responsabile della predazione del solo 0,06% dei capi bestiame, significa un capo ogni 2mila di quelli presenti in Europa. Non servono approfondimenti per dire che si tratta di un impatto molto basso sul comparto zootecnico, sebbene vi siano singoli casi di luoghi o aziende che hanno impatto maggiore. In provincia di Trento, ad esempio, nell’80% dei casi di predazione si tratta di aziende senza strategie prevenzione come cani da guardiania e recinti elettrificati”. Marco Antonelli, Wildlife Conservation Specialist di Wwf Italia, lo dice in audizione alla commissione Politiche Ue, nell’ambito dell’esame, ai fini della verifica di conformità al principio di sussidiarietà, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 92/43/CEE del Consiglio per quanto riguarda lo status di protezione del lupo (Canis lupus).
Inoltre, “l’attuale regime di protezione del lupo già consente la rimozione individuo in specifici casi un regime in deroga a quanto previsto dalla direttiva Habitat, sia per evitare danni economici, sia per la tutela popolazione”, dice Antonelli.
In tutto ciò, “la scienza dice che abbattere lupi non ha efficacia sul medio e lungo termine, gli abbattimenti possono ridurre le predazioni per le settimane successive l’intervento ma nel medio-lungo periodo si perde efficacia”, spiega l’esperto del Wwf, “la rimozione dovrebbe prevedere un abbattimento del 40% lupi per avere effetti nel medio termine”, mentre “sul medio-lungo termine l’unica strategia efficace è la prevenzione, applicando caso per caso strategie complementari e diversificate”.
Ancora, nel declassamento, “non si è tenuto conto del diverso stato di conservazione delle popolazioni di lupo“, denuncia Antonelli, “tra le popolazioni 6 su 9 sono in stato vulnerabile o minacciato, ma questo non viene considerato nella scelta del declassamento a livello continentale. Il declassamento per le popolazioni messe peggio potrebbe vanificare gli sforzi di conservazione”. In tutto ciò, però, “a oggi non abbiamo numeri sul bracconaggio, lupi uccisi illegalmente, una forma tacitamente accettata di rimozione”.
“Alla luce di queste evidenze abbiamo presentato un’istanza di intervento al Tribunale Ue fondata sulla violazione dei principi di precauzione della biodiversità, visto che lo stato del lupo non è favorevole in tutte le regioni europee e il declassamento le comprometterebbe tutte”, annuncia Domenico Aiello, responsabile tutela giuridica della Natura Wwf Italia.
Aiello lamenta “la mancanza di evidenze scientifiche” e ricorda che “misure di prevenzione sono già previste, già oggi si può agire sul lupo”, mentre riducendone la tutela si rischiano “conseguenze irreversibili per l’ecosistema visto il ruolo che il lupo svolge”.
ENPA: “PROTEGGE I CAMPI DA CINGHIALI E UNGULATI”
“Il lupo ha una straordinaria importanza per la bioregolazione. Il lupo è il maggior predatore degli ungulati e dei cinghiali, ed è un paradosso inaccettabile che chi si scaglia contro i cinghiali per i danni alle produzioni agricole poi chieda la fucilazione del lupo. E’ contraddittorio e gravissimo”. Annamaria Procacci, consigliere nazionale Ente nazionale protezione animali- ENPA, lo dice in audizione alla commissione Politiche Ue, nell’ambito dell’esame, ai fini della verifica di conformità al principio di sussidiarietà, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 92/43/CEE del Consiglio per quanto riguarda lo status di protezione del lupo (Canis lupus).
Il declassamento della protezione “è un errore, non è necessario, è una scelta frettolosa, carente dei dati, è in contraddizione con i principi giuridici UE come il principio di proporzionalità e precauzione”, denuncia Procacci.
Quello che si dovrebbe fare è “incoraggiare il ricorso ai sistemi di prevenzione, accompagnare e sostenere gli operatori del settore della zootecnia e dell’agricoltura, la formazione informazione e l’indennizzo pieno dei danni”, dice la consigliera ENPA, “ci sono soluzioni alternative, usiamole” sapendo che “usando due sistemi insieme, come recinti e cani, si azzera la possibilità di predazione“.
In tutto ciò “non è vero che il lupo in Italia sta bene, è ancora a rischio”, denuncia Procacci, “più del 10% ogni anno muore per bracconaggio, per lacci, tagliole, polpette avvelenate, investimenti intenzionali, fucilate, e molti non vengono trovati perché vanno a morire altrove, quindi è un 10% per difetto”. Ecco perché “è sbagliato pensare che fucilazioni legali di lupi possano sembrare un calmiere, sarà solo un incoraggiamento al bracconaggio perchè si è rotto un tabù”.
Ma c’è anche “una contraddizione economica: perché chi si lamenta dei cinghiali vuole uccidere i lupi? Perché non ha abbastanza informazione, il lupo sul territorio allontana i i cinghiali da vigneti, arativi, frutteti“, dice la consigliere ENPA, “poi la PSA, la peste suina: la caccia disperde i cinghiali, li fa allontanare e fa allargare il loro territorio con il rischio di un aumento del contagio”, conclude Procaccia, “il lupo invece preda, rapidamente, animali malati, con efficacia, quindi il lupo ha un ruolo importante nel contenere la PSA. Tutto questo è ampiamente sottovalutato”.
LAV: “NON RISPETTA PRINCIPIO SUSSIDIARIETÀ UE”
Con il declassamento della protezione del lupo “non viene rispettato il principio di sussidiarietà per la proposta di modifica della direttiva habitat per allinearla al nuovo quadro di protezione del lupo. Dal punto di vista formale il principio di sussidiarietà prevede che l’Unione intervenga solo se gli obiettivi possano essere conseguiti meglio dall’Unione che dagli Stati membri”. Roberta Poscente, Senior Legal Officer della Lega Antivivisezione – LAV, lo dice in audizione alla commissione Politiche Ue, nell’ambito dell’esame, ai fini della verifica di conformità al principio di sussidiarietà, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 92/43/CEE del Consiglio per quanto riguarda lo status di protezione del lupo (Canis lupus).
Nella documentazione relativa alla modifica della direttiva Habitat, “la scheda che dimostri come possa essere meglio perseguito dall’Unione non si trova una motivazione sufficiente, anzi nessun tipo di evidenza viene allegata” e “lo stesso vale per la relazione introduttiva, che non motiva ulteriormente il ricorso a sussidiarietà” e non c’è “nemmeno una specifica autonoma valutazione di impatto da parte della Commissione, non è stata svolta”, dice Poscente.
Insomma, il declassamento che dovrebbe arrivare a modificare la direttiva Habitat “nulla aggiunge rispetto alle azioni degli Stati membri e non dimostra che i compiti saranno meglio svolti dall’Unione”, riassume la rappresentante LAV, parlando di “una inutile sovrapposizione e duplicazione in senso per di più negativo, andando a ridurre la tutela e i ciò contrastando con il principio di non regressione ambientale”.
Sarebbe dunque il caso di “evitare impatti se non c’è certezza sugli effetti futuri”, prosegue la Senior Legal Officer LAV, “l’art. 13 del Trattato sul funzionamento dell’UE tutela gli animali riconoscendone la senzietà, va applicato nella stesura di tutte le politiche UE, inclusa l’agricoltura”, quindi ciò va tenuto in considerazione, “né posiamo lasciare che la nostra Costituzione recentemente novellata resti lettera morta negli articoli che tutelano animali e natura”.
Fonte Agenzia Dire