Ho tra le mani un volumetto di poesie scritte dal poeta Renzo De Biase, dal titolo “Inquietudini” dell’editore, Firenze Libri, serie Jester, senza la data di stampa. Renzo De Biase, nato ad Ancona nel 1959. Vive tra Materica nell’entroterra marchigiano, Roma e l’isola di Filicudi, penultima Isola, dell’Arcipelago delle Eolie.
Negli studi, ha spaziato tra giurisprudenza e studii in campo storico e artistico. Ha pubblicato ”un archivio, un palazzo, una Famiglia: i Pierasanti”, uno studio sull’omonimo Museo di Matelica.
Nel libro “Inquetudini”, l’autore vive la sua vicenda esistenziale fra natura e vita, una dicotomia mai interrotta, quasi fusione tra due aspetti fondamentali della nostra esistenza.
Si evince il dramma del vivere quotidiano e la sua costante ricerca della serenità, in questo momento particolare che travaglia molte persone con una forte sensibilità, che sono da sempre alla ricerca di un equilibrio sereno e costante del proprio vivere.
Una silloge dove emerge la costante ricerca di una serenità interiore, la quale riesce a cogliere la luminosa bellezza della giovinezza quale scenario intimo e struggente di un uomo, in un momento di estrema solitudine e si rivolge a un essere superiore per essere aiutato a trovare la propria strada.
L’autore denuncia, la sua crisi dell’io esistenziale, dell’io poetante, che si riflette nella natura, che congiunge persone, società e cosmo, in una fenomenologia talvolta negativa, espressa in immagini ardite, che coinvolgono il tutto.
Renzo De Biase, respinge ogni semantica dell’eufemismo: traducendo i momenti della delusione, dell’inquietitudine, della nostalgia del dolore fisico e morale, in una poetica tutta personale.
Sceglie, di seguire una ricerca del proprio essere, la ricerca della perfezione, con l’entusiasmo apparente, di una serenità fittizia.
Nel Titolo “Inquietudini” l’autore Renzo de Biase racchiude il personale dolore, non sciorinato al sole della sua isola e nemmeno steso su fili telegrafici di raccordo un palinsesto, dove si spera e si attendono mutamenti di rotta non ancora avvenuti, ma pronti a spuntare da un muro a secco, come i fiori freschi rivolti verso Est.
Quando la voce del vento urla e schiaffeggia con violenza i muri della casa solitaria, si odono voci, che si lagnano, porte e finestre che gemono, emettendo suoni strani, tutto questo a mio modesto avviso porta l’essere umano a guardarsi dentro, allora esplode la voglia di scrivere, tutto quello che il proprio cuore gli detta.
Molte le voci, che si accavallano nella memoria, tanto che certi giorni, quando tutto appare inutile perché un manto nero copre i suoi occhi, allora un’antica nenia risveglia il silente animo del ragazzo, allora il tacito nero scompare donandogli serenità.
In queste poesie, emerge il rammarico di cose non dette, di vita non vissuta in piena libertà, di azioni mai pensate, perché dietro il muraglione del rifiuto, fanno da corona, serti di rose rosse, che lente e spinose cercano di crescere all’ombra di un macigno.
L’antico dolore, attanaglia il suo cuore di poeta che non libero di amare, si nasconde dietro il peccato, in questo continuo dualismo, passano gli anni migliori della sua giovinezza.
Poi la rassegnazione, al proprio destino senza poter decifrare il dilemma, che nasconde la realtà della vita, il destino si diverte a derubarci e ci deride, in noi sale l’eterno ripetersi del lamento di una vita vissuta male.
Sei assorto, a guardare abiti stesi, sui fili spinati del tempo, che si sfilacciano piano bagnati dalla salsedine e asciugati dai dardi del sole al tramonto, allora ti sembra di guardare e vedere la tua anima nuda, che si dibatte tra libertà e costrizione, prima di cambiare per sempre il ritmo della vita, nasce dal tuo cuore una preghiera, “Serenità” dopo aver giocato da solitario, l’unica partita della tua vita.
Anna Sciacovelli