E’ stato appena pubblicato sulla rivista Journal of Volcanology and Geothermal Research lo studio ‘Chemical and isotopic characterization of groundwater and thermal waters from the Campi Flegrei caldera (southern Italy)’, a cura di un team dell’Osservatorio vesuviano dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv-Ov), in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare dell’Università degli Studi di Palermo (UniPA-DISTeM), il Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse dell’Università degli Studi di Napoli Federico II (UniNA-DiSTAR) e il Dipartimento di Scienze e della Terra dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca (UniMiB-DISAT).
“Il lavoro rappresenta il primo studio esaustivo sulla geochimica della falda flegrea dal 2005 data di inizio dell’attuale crisi bradisismica e ha permesso di riconoscere i complessi processi che controllano le differenti caratteristiche delle acque, fra i quali l’aggiunta di gas vulcanico-idrotermali e i loro processi di degassamento, contribuendo alla definizione del modello geochimico del sistema”. Così Stefano Caliro, dirigente tecnologo responsabile del monitoraggio geochimico dei vulcani campani presso l’Ingv-Ov, sottolineando come la comprensione di tali processi sia cruciale per il monitoraggio dell’attività vulcanica.
“Tra i risultati più interessanti – sottolinea Giovanni Chiodini, dirigente di ricerca associato presso l’Ingv – vi è l’integrazione del modello concettuale con il modello fisico numerico del sistema, che prevede una risalita di gas nell’area Solfatara-Pisciarelli, e l’ identificare l’interazione tra fluidi vulcanici e acquiferi sulla base delle caratteristiche delle acque. Questa zona si conferma come il cuore dell’attività idrotermale della caldera”.
L’indagine – aggiunge Alessandro Aiuppa, Professore presso l’Università di Palermo – ha avuto quindi lo scopo di comprendere meglio i processi chimici che influenzano la composizione delle acque sotterranee. Attraverso l’analisi di 114 campioni raccolti in un’estesa campagna di misure tra il 2013 e il 2014, abbiamo sviluppato un modello geochimico che ha permesso di descrivere l’evoluzione della interazione di acqua meteorica con soluzioni saline idrotermali e gas vulcanici durante il suo percorso sotterraneo”.
I dati raccolti hanno quindi permesso di sviluppare un modello concettuale avanzato utile per evidenziare e interpretare eventuali cambiamenti futuri nella chimica delle acque sotterranee e nella dinamica dei processi.
“I risultati di questo studio – conclude Mauro A. Di Vito, Direttore dell’Ingv-Ov – hanno permesso di progettare e realizzare una rete multiparametrica permanente di monitoraggio delle acque nella caldera, attiva dal 2018 e in continua evoluzione, che rappresenta uno strumento essenziale per rilevare modifiche nel sistema e riconoscere eventuali segnali della ripresa dell’attività vulcanica”.
Fonte Agenzia Dire