La cultura come medicina per il corpo e per la mente. La cultura come alleato della sanità, che riduce la necessità delle visite dal medico di famiglia e allenta la pressione sul Servizio Sanitario Nazionale. La cultura come strumento di prevenzione della malattia e del disagio. La cultura come risposta all’isolamento e all’emarginazione. La cultura come fattore di promozione della salute, di benessere soggettivo, di contrasto delle disuguaglianze, di coesione sociale, di invecchiamento attivo, di inclusione sociale. Di questo si parlerà con Carlo Andorlini nell’incontro in programma a Matera il 18 marzo, alle 18, nell’aula C003 dell’Università degli Studi della Basilicata, in via Lanera 20, sul tema “La CURA della CULTURA“. L’iniziativa, promossa dall’associazione Onyx Jazz Club in collaborazione con Unibas, Ordine Provinciale dei Medici, Volontari Open Culture 2019, e l’Associazione I-Jazz, ha l’obiettivo principale di affrontare il quadro definitorio, le opportunità, il valore e la dimensione di impatto del welfare culturale. L’espressione indica un nuovo modello integrato di promozione del benessere e della salute e degli individui e delle comunità attraverso pratiche fondate sulle arti visive, performative e sul patrimonio culturale.
La ricerca dell’Organizzazione Mondiale della Sanità su “Il Valore delle Arti sul Benessere e la Salute”, presentata nel novembre del 2019, indica nelle considerazioni di interesse politico “il valore aggiunto del coinvolgimento delle arti per la salute” e la necessità di “rafforzare la natura intersettoriale degli ambiti delle arti e della salute” in ogni ambito, dalla formazione del personale al trattamento. Indicazioni che si collocano nel più ampio disegno che tanto in ambito sanitario che culturale sono stati espressi dai documenti di riferimento, quali Salute in tutte le politiche (OMS 2013) e la Nuova Agenda Europea della Cultura (2018). Quest’ultima, in particolare, indica come pilastri delle politiche delle prossime decadi i crossover culturali, ovvero le relazioni sistemiche e sistematiche con altri ambiti di policy, un tempo debolmente interconnessi, in primis cultura e salute.
Da ottobre 2023 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), lancia un’altra grande sfida, europea e mondiale, basata sulla prescrizione sociale. Questa è un mezzo che, basandosi sulle prove scientifiche relative all’impatto dei fattori socioeconomici sulla salute e sull’ipotesi che affrontare i determinanti sociali sia cruciale per migliorare gli esiti di salute, permette ai professionisti sociali, socio-sanitari e sanitari di ricorrere a servizi e risorse non cliniche della comunità a vantaggio del ben-essere dei pazienti, riaffermando la centralità del modello biopsicosociale. La prescrizione sociale è un processo che consente di allontanarsi da un modello “riparativo” per dirigersi verso un sistema salutogenico, che aiuta a costruire e promuovere la salute: non solo pazienti con bisogni ma, prima di tutto, persone con risorse da condividere nella società. Si stima che quasi un quinto del tempo dedicato alle visite dal medico di famiglia sia assorbito da problemi non medici, tra cui isolamento, problemi relazionali o stress legato al denaro o all’abitazione. La prescrizione sociale offre ai medici, alle organizzazioni e ad altri professionisti un modo per aiutare le persone e affrontare i loro problemi in modo più efficace. L’evidenza dimostra che la prescrizione sociale può alleviare la pressione sul Servizio Sanitario Nazionale riducendo la necessità di visite dal medico di famiglia e di prescrizioni mediche.
Paesi come la Scandinavia, Gran Bretagna e, più di recente, Canada sperimentano il welfare culturale già da oltre trent’anni. In Italia non è altrettanto sviluppato, ma pratiche di arte e patrimonio culturale per il benessere e la salute sono numerose e consolidate negli ultimi due decenni. La Provincia autonoma di Bolzano ha fatto da apripista, già dal 1996, mentre Piemonte, Liguria, Lombardia, Toscana e Lazio hanno dato corso a sperimentazioni che hanno influenzato le politiche culturali volte al miglioramento della qualità della vita delle persone e delle comunità. Nasce a Torino, nel 2000, il primo Piano di rigenerazione urbana che include in modo organico nei Piani di Accompagnamento Sociale progetti con le arti performative nelle dieci circoscrizioni della città. Le iniziative sono promosse nei luoghi della cultura, nei musei, biblioteche, ospedali e hospice, e mettono insieme professionisti della cultura, della sanità, artisti e assistenti sociali. Tra queste, di grande significato per lo sviluppo cognitivo precoce è Nati per Leggere, il programma nazionale di lettura ad alta voce già dal periodo perinatale, esportato dagli Usa in Italia e in Europa. Molto però resta da fare perché il welfare culturale si innesti nella quotidianità del Paese.
Carlo Andorlini, docente a contratto all’Università di Firenze nel corso di laurea “Disegno e gestione degli interventi sociali” presso la scuola Cesare Alfieri, è uno degli attori più attivi in questo campo. Sviluppa processi di innovazione socio-culturale nei territori e nelle organizzazioni attraverso l’utilizzo di approcci, strumenti e metodi riconducibili all’ambito del “lavoro con la comunità” che operano sulla “potenzialità relazionale” inutilizzata o sotto utilizzata fra sistemi organizzati, cittadini e istituzioni. Nel corso del suo percorso professionale ha partecipato ad alcuni processi di innovazione sociale costruendo il primo sistema di politiche giovanili della Regione Toscana, denominato “Filigrane”. All’interno della Biennale della Prossimità ha sviluppato gli aspetti definitori e rappresentativi della prossimità e delle pratiche attraverso il lavoro dell’Osservatorio Nazionale sulla Prossimità in Italia. Attualmente è direttore scientifico di alcuni processi di sviluppo di welfare territoriale (in particolare di welfare culturale, di prossimità e di comunità in vari contesti territoriali nazionali).
Attraverso la sua esperienza si proverà a tracciare un quadro sullo stato dell’arte partendo dalla consapevolezza che le arti performative, il patrimonio culturale, gli eventi culturali, sono dimensioni la cui efficacia sociale oggi è formale e misurabile. Pensare allora a comunità che si riconoscono in questo orizzonte che unisce due sguardi, la cultura nelle sue varie espressioni e i bisogni che si manifestano sempre più presenti nei contesti di vita, è l’ambito su cui l’Associazione di Promozione Sociale Onyx Jazz Club, Ente Terzo Settore, si vuol confrontare con cittadini, amministratori, operatori del settore culturale, sociale e socio-sanitario. Per la prima volta il welfare culturale sarà il terreno di discussione in cui immaginare politiche sociali e culturali interconnesse con la salute e il benessere con l’obiettivo di contribuire a elevare gli indici della qualità della vita.
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• L’Onyx Jazz Club, una delle più longeve associazioni sulla scena culturale materana ed iscritta all’Albo delle Associazioni culturali della Regione Basilicata dal 1988, ha festeggiato il 23 gennaio i suoi quarant’anni di attività. Fondata da quattro amici uniti dalla passione del jazz, il suo nome trae origine dall’insegna di uno storico locale jazz di New York, che aprì nel 1927 al 35 West della 52ª Street della City. L’Onyx si connota per un originale percorso che l’ha portata a sviluppare tre principali linee di azione: la programmazione di concerti, la formazione e la valorizzazione dei talenti locali, la produzione di dischi