Il treno fermo in stazione, attendeva gli ultimi viaggiatori, era diretto nell’entroterra di Bari, un paese ai piedi della Murgia, forse più sicuro della Città di Mare, dove il porto super affollato di traghetti e navi toglieva il respiro. A Grumo Appula il treno si fermò facendo scendere quasi 80 % dei viaggiatori, ognuno prese la propria strada, qualcuno fece una sosta, al piccolo Caffè – bar- tabaccheria della stazione e fece rifornimento di cerini o fiammiferi e candele da portare a casa, necessari per accendere il fuoco nel focolare o per riscaldarsi dovendo accendere il camino. Le candele servivano, quando suonava l’allarme e bisognava spegnere tutte le luci in casa, ognuno di noi si muoveva avendo in mano o una candela oppure un lumino del cimitero. La sera c’era il coprifuoco, se passava la ronda e vedeva dalle finestre o dallo spioncino, un barlume di luce, erano multe salate a tutta la famiglia. Nella piccola stazione, in un angolo seminascosto da una pianta di alloro nano, un piccolo micio timido e spaventato, era incerto se attraversare i quattro binari, che lo separavano dalla porta d’uscita. Si metteva in posa per una corsa veloce, poi si ritraeva e tornava a nascondersi dietro la pianta, quale paravento delle proprie incertezze, alla fine prese il coraggio a quattro zampe e fece un attraversamento veloce, oltre la porta d’ingresso della stazione, tanto, che al vecchio capostazione sembrò di aver visto una piccola lepre dal manto rossiccio, scambiando il gatto per una lepre. Il gatto, incurante della gente, fece capolino dal cespuglio, con gli occhi vispi e attenti, guardò i viaggiatori con interesse, poi non facendo più caso al trambusto, continuò la sua corsa verso il paese. La pioggia, scendeva leggera sottile e insidiosa, tanto che metteva noia, la strada, che portava verso il paese, era in salita, aveva case sparse e distanti tra loro. Il silenzio era pesante quasi d’attesa, la strada era tornata silenziosa dopo che il cicaleccio dei viaggiatori si era dileguato, solo qualche giovane, dal passo lento e stanco, proseguiva il cammino, mancavano quasi ottocento metri per arrivare alla piazza del paese. Dalla Cattedrale le campane suonarono il vespro, le poche donne, affrettarono il loro passo, dovevano preparare la cena per gli uomini rientrati dai campi o dal pascolo, il passeggio in paese era quasi terminato nelle case i lumi accesi, creavano la sensazione di un vecchio presepe d’altri tempi. Il gatto, seguitava a camminare verso la piazza del paese, ogni tanto si fermava, per poi ripartire di gran carriera, forse il fruscio di qualche topo di campagna, oppure qualche piccola lucertola lo distoglieva da suo andare, adagio ma determinato. Il suo sguardo felino, non si fermava solo sulla strada ma andava oltre, quasi annusasse l’aria e continuava a camminare verso il centro del paese. Sulla strada si aprì improvvisamente una porta, un profumo di frittura colpì le nostre narici, tutti i presenti si accorsero che il gatto si era intrufolato lesto nell’abitazione, senza che nessuno lo aveva chiamato, una risata generale spezzò quel sinistro silenzio, sorridendo per la furbizia del gatto ognuno di noi salutò la comitiva che si assottigliava sempre più. Ancora pochi metri, un isolato e saremmo arrivati a casa quando improvvisamente sulla strada, sfrecciò il gatto diretto questa volta, verso un albero accostandosi, poi si arrampicò velocemente e si nascose tra il folto fogliame, scomparendo agli occhi di tutti. Una donna si affacciò all’uscio della propria casa imprecando contro il furbo animale, che si era intrufolato nella cucina rubando dalla sperlunga colma di pesce fritto, due grandi scampi dal piatto, pesce appena tolto dalla padella d’olio bollente.
La sua ingordigia non aveva limiti, forse la sua lingua aveva subito una scottatura, che non si aspettava ora sull’albero cercava di mangiare delle foglie per alleviarne il dolore. All’improvviso il rombo di un aereo fece alzare la testa ai pochi presenti, anche il gatto iniziò a frignare e scese di corsa dall’albero, le ultime persone che erano nel viale percorsero velocemente l’ultimo tratto di strada e rientrammo tutti ognuno nella propria casa salutandoci velocemente. Vibrissi Rossi, con un salto felino salì prima sul muretto, poi sulla finestra, spingendo un’anta con la testa, riuscì ad entrare, aveva scelto la casa della nonna per il suo domicilio fuori porta.
Anna Sciacovelli