Con la sentenza n. 11504/2017 del 10 maggio, la prima sezione della Cassazione, ha cambiato l’orientamento, risalente al 1990 sull’assegno di divorzio che sarà dovuto non più se chi lo richiede non è in grado di mantenere il pregresso tenore di vita matrimoniale ma solo nell’ipotesi in cui non sia in grado, dopo essersi “dato da fare”, di essere economicamente indipendente.
La Suprema Corte non ha precisato quale sia la soglia oltre la quale si possa parlare di indipendenza che, probabilmente, sarà compito dei singoli giudici individuare.
Si tratta di una rivoluzione copernicana, dovuta secondo la Corte alla necessità di adattare le norme anche al mutato costume sociale che sicuramente avvicina il nostro sistema agli altri Stati europei, dove, però il tessuto sociale e le abitudini sono differenti dalle nostre.
Pertanto AIAF, Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori, saluta con favore il principio innovativo introdotto dalla decisione; allo stesso tempo, però, non può che sottolineare il rischio di una sua strumentalizzazione, soprattutto nei casi in cui uno dei due coniugi abbia investito nel vincolo matrimoniale e nella crescita dei figli tutta la propria vita e si ritrovi -oltreché a subire la decisione dell’altro- a non avere neppure il tempo per ripensare la propria vita sotto il profilo economico.