Così l’annuncio: Oggi 6 marzo 1272, Bologna è in Lutto: Dopo 23 anni si è spento il Regale prigioniero, la morte è venuto a liberarlo da tormentoso carcere.
La Guelfa Bologna, lo aveva catturato nel lontano 26 maggio 1249, in quel di Fossalta, si era sempre rifiutata di liberarlo, rispondendo all’imperatore Federico II, che intercedeva per la sua liberazione, con una frase sibillina, ”Spesso un piccolo cane riesce a catturare un grande cinghiale”, in occasione della morte la città gli tributa il 14 marzo, onori regali.
Abbigliato riccamente, con guarnacca cremisi, foderata di ermellino, con la corona sul capo e la spada al fianco, passa per la città su una lettiga con il baldacchino rivestito di petit-gris.
Le esequie solenni si celebrano in San Domenico e lì viene tumulato, oggi, resta solo una lapide a ricordare il luogo di quella sepoltura.
La vicenda di Enzio è unica: nato nel 1220 da una madre, che mai si menziona, fu Manfredi il figlio più amato di Federico II, ma Enzio è il braccio armato di Federico, feroce cavaliere, non disgiunto da cortesia e gentilezza, intrepido guerriero bello a guardarsi e di bello aspetto, mai usò crudeltà o ferocia contro chicchessia. Impetuoso trascinatore di uomini, che poi dovrà mano a mano spegnersi, nella forzata inerzia di una lunghissima prigionia, in una gabbia di ferro sospesa al soffitto. Grande il suo contributo alla poesia italiana,una sua canzone indirizzata a Giulio Giunizzelli.”Va canzonetta mia e saluta il messere/ ecc. ecc.
Breve fu il tempo, in cui gli arrise la fortuna dal 1239 al 1249. Nominato dal padre vicario Imperiale per l’Italia, settentrionale, sposa Adelasia vedova di Ubaldo Visconti, giudice di Torres e di Gallura, divenendo re di Sardegna.
Il 3 maggio 1241 con abile mossa riesce a dirottare 27 galere e vascelli presso le isole di Montecristo e del Giglio e a rimorchiare tutte le navi su cui erano imbarcati i prelati inglesi francesi e spagnoli diretti a Roma su convocazione del pontefice Gregorio IX, per deporre Federico II, scomunicato sin dal 1239.
Dopo tutto questo, anche Enzio viene scomunicato.
Si batte a Milano, nel 1246, fatto prigioniero viene presto liberato, nel 1248 vive l’assedio di Parma, l’anno dopo salva la fedele Modena, infine tre valorosi e forzuti guelfi lo atterrano e sono: Lamberto Bottigari, Lamberto Lambertini e Michele degli Orsi.
Enzio, vedrà cadere ad una ad una, le sue speranze di essere liberato dalla prigionia : muore il padre, lo segue il fratello Corrado, riceve il colpo di grazia, con la sconfitta di Manfredi, al quale i nemici sprangarono il portone e furono sepolti vivi i due figli, sepolti nel Castello Angioino e da tutti dimenticati.
La sua reclusione tremenda, non lo distolse dalla fuga, che tentò in una vecchia botte di vino, ma fu tradito da una ciocca di capelli biondi che ne fuoriusciva dal coperchio.
E finalmente arriva la morte liberatrice, muore all’età di 52 anni, nel 1272.
Nel testamento ricorda tutti: le figlie, i paggi,
i medici, i carcerieri, i poveri e anche i calzolai. Divise i propri domini in questo modo: la Sardegna alla figlia Elena, contessa della Gherardesca, ad Alfonso di Castiglia, donò i Regni di Sardegna, Germania e Sicilia.
Anna Sciacovelli