“La casa sull’abisso” edito da eNewton Zeroquarantanove
William Hope Hodgson nacque nell’Essex, in Gran Bretagna, nel 1877. Figlio di un pastore protestante, s’imbarcò giovanissimo rimanendo in mare per otto anni. Questo periodo influenzò profondamente la sua attività letteraria che iniziò nel 1906 in Francia dove si era trasferito. Premesso che i due cardini fondamentali della narrativa di Hodgson sono la Casa e il Mare, tra i suoi libri più famosi vanno citati The Ghost Pirates, The Boats of Glen Carrig, Carnacki the Ghost Finder e The Night Land del 1914. Arruolatosi nell’esercito inglese durante la Prima Guerra Mondiale, morì in combattimento sul suolo francese nell’aprile del 1918.
Chiediamo all’autore di “Casa sull’abisso” perché sceglie questo genere horror-paranormale. William H. Hodgson, perché la scelta di questo genere? Quanti libri hai scritto finora e come ti senti dopo la stesura di ogni testo? Quello che più senti tuo qual è? Consiglio per i lettori? Ho scelto di consigliare questo romanzo e in particolare questo genere perché sono principalmente un lettore di horror. Mi piace molto Lovecraft e Hodgson è, letteralmente parlando, il “padre” di Lovecraft e di tutti gli autori che successivamente si sono ispirati allo scrittore di Providence. Finora ho scritto 4 romanzi: “Il Libro d’Oro” è il primo di una trilogia fantasy che attualmente ho interrotto. “Il Progetto Atlantis”, “La Civiltà Perduta” e “I Sistemi Gemelli” sono invece i primi tre capitoli di una saga di fantascienza alla quale mi sto dedicando da qualche anno e conto di concludere nel 2017, pubblicando gli ultimi 2 capitoli. Le emozioni durante la realizzazione di un libro sono molteplici. C’è quell’aria da primo giorno di scuola appena ti viene l’idea e scrivi di getto la trama. Ci sono momenti in cui t’incarti con la storia, chiudi tutto e abbandoni il romanzo lì per settimane finché non ti si accende la lampadina. C’è il nervosismo quando sai di essere arrivato alla fine ma qualcosa ancora non ti convince e lo rileggi mille volte. E poi appena pubblicato c’è la voglia di rimettersi subito a scrivere perché nell’ultimo periodo, fra editing, copertina, ecc… , hai fatto tutto tranne quello. Li sento tutti miei e per motivi diversi sono legato profondamente a ciascuno dei 4. Potrei mettere in cima al piedistallo Il Progetto Atlantis perché è il primo libro in assoluto che ho scritto ed è stato quello con cui ho iniziato ad avere un discreto successo. Consiglio “La Casa sull’Abisso” di Hodgson per l’originalità innanzitutto e perché, a mio avviso, è un vero “gioiello” del genere letterario a cui appartiene. A chi volesse leggerlo mi sento di fare una premessa: è un romanzo del 1908 e, come tale, ha un tempo narrativo differente da quello a cui siamo solitamente abituati oggi, perché il nostro mondo viaggia a mille all’ora rispetto a quello di 110 anni fa. Perciò troverete alcuni punti un po’ troppo ridondanti e un’eccessiva ricerca del particolare. Però per tutto il resto questo romanzo merita di essere letto. La casa sull’abisso è un viaggio che bisogna intraprendere almeno una volta nella vita.
“Dopo il Funerale: Novembre 1975” autoprodotto da Gaetano Barreca
1975, Bari. Luigi è appena tornato da Roma per passare un po’ di tempo in famiglia e rallegrarsi della vita del vicinato e dei vecchi amici che poco sanno dei complotti e degli attentati alla Repubblica che avvengono nella capitale. Tra lobby di potere e servizi segreti deviati, nella sua tesi di laurea Luigi segue le stesse indagini di Pasolini, sul petrolio, e proprio il violento omicidio dello scrittore lo riporta a casa.
Sconfitto, deluso. Saranno le stravaganti donne del vicinato, la Gnura Gina e la palermitana Santina con Santa Rosalia sempre affacciata al balcone, a dare nuova vivacità al ragazzo che riuscirà a trovare la sua strada e concepire il suo progetto di un’economia sostenibile ispirata al modello di Comunità proposto dal senatore Adriano Olivetti. Dopo il Funerale è un romanzo corale anni ‘70 in cui tra feste di quartiere, gare sui tacchi dodici e comizi di Berlinguer il futuro dell’Italia ha ancora il sapore di opportunità.
Qual è stato il motivo che ti ha spinto ad avvicinarti alla figura di Berlinguer? Quali differenze noti dal ’70 ad oggi? Nel tuo romanzo Luigi sognava un’Italia democratica governata dal suo stesso popolo invece resta deluso specie dai complotti politici. Che immagine proietti da Luigi alla nostra nazione? Secondo te si potrà cambiare questo sistema squillo? Quando ho messo le mani alla tastiera per scrivere questo romanzo, doveva essere lungo solo due pagine ambientate dieci anni prima del 1985 per spiegare la scomparsa di Luigi e Nicola e iniziare un’altra storia. Poi la storia ha preso il sopravvento e sono arrivate le folli vicine di casa di Luigi e soprattutto la palermitana Santina con la statua di Santa Rosalia sempre affacciata al balcone. È stato Luigi, con la sua lotta per i diritti del proletariato e il suo giubbotto Loden che mi ha condotto a Berlinguer e comprare su eBay una tessera del partito Comunista del ‘75. Avevo capito che nel romanzo non potevo trattare degli anni ‘70 senza parlare di politica e così mi sono messo a studiare quel periodo. Che periodo! Ho ascoltato i discorsi di Enrico Berlinguer e Aldo Moro, letto dei loro ideali e i loro conflitti. Due uomini del Sud Italia pronti a confrontarsi per servire il paese, per farlo grande. Un grande referente di quel periodo era sicuramente il poeta Pierpaolo Pasolini e mi sono appassionato al marchingegno del suo assassinio, della merda che gli hanno buttato addosso. Seguendo il suo mai compiuto Petrolio, ho trovato il filo conduttore delle “sparizioni’ di Adriano Olivetti, Mauro de Mauro, Enrico Mattei e altri uomini importanti dell’industria e informazione italiana e ho compreso l’esigenza e l’urgenza politica di Berlinguer di creare il Compromesso Storico. Un “compromesso” tra fazioni politiche realmente rivali, per dare stabilità al governo che iniziava ad avere infiltrazioni sempre maggiori, nei banchi del governo, di politici al soldo dei paesi che avevano vinto la seconda guerra mondiale e le Lobby straniere, unite per un disegno di deindustrializzazione del nostro paese. In questo clima di tensioni, si ricordi il libro scandalo del tempo, Berlinguer e il Professore, che ho voluto/dovuto citare nel mio romanzo. Tornando alla situazione politica, e alla stabilità del Paese non fu un caso che il 16 marzo del 1978 ad Aldo Moro fu impedito, con l’uccisione della sua scorta e il suo rapimento da parte delle BR, di raggiungere Montecitorio e chiudere con la fiducia, la più grande crisi di governo italiana del dopo guerra. Un governo stabile era probabilmente difficilmente governabile dall’esterno. È chiaro che in queste mie parole c’è molta dietrologia, forse fiction, ma guardate l’Italia com’è adesso, pensando alle nostre fabbriche, al nostro Made in Italy, al distratto sostegno dello Stato nell’apertura di nuove imprese e finanziamento ai giovani. Ma nel mio romanzo siamo ancora nel 1975, dove i giovani creano e credono nel futuro nonostante l’accrescere delle Stragi di Stato. La grande domanda che si snoda per tutto il romanzo, tra scenette, risate e tragedie, è: chi ci sta governando?
L’immagine di un’Italia che non esiste più. L’Italia del ‘75 con Aldo Moro ancora vivo, era quella che si infuocava ai comizi di Enrico Berlinguer, quella che lottava per i propri ideali, fattibili o ambiziosi che fossero. Erano gli anni in cui si parlava, si parlava tanto, si sbagliava tanto, ma si cresceva, ci si confrontava. La tv si accendeva in casa per ascoltare i grandi, i veri grandi, gente colta e mai “opinionisti”. Si parlava di politica vera, di crescita morale del paese, di cosa si voleva e di cosa non si voleva più, visto il dolore della guerra.
È chiaro a tutti che esiste un’Italia di Berlinguer e una del dopo Berlinguer. La cosa più bella del mondo è che esistono tanti Luigi.
Il sistema si può cambiare, è già cambiato. Dai tempi delle figuracce di politica internazionale con il Cavaliere, delle spudorate leggi ad personam, adesso invece che di Dudù i giornali – pagati ancora dallo Stato – parlano anche di politica. Il popolo è tornato a protestare, a salire persino sopra i tetti di Montecitorio per gridare allo scandalo della Casta. Ci vuole tempo, ma siamo sulla buona strada. Ho fiducia in questo.
“Come in un’isola” edizione Lettere Animate di Monica Le Morgan
Come un’isola è forse scritto unicamente per noi donne , noi donne che ci amiamo così tanto da saper amare in modo unico, senza però tradirci mai . E’ una storia d’amore non convenzionale, complessa, forse malata, tenace , che rivela la fragilità e la forza stessa della protagonista. E’ un invito a darci una possibilità anche quando tutti i segnali indicano pericolo, vivere un amore sapendo che si verrà feriti non per ingenuità ma per coraggio, vincendo la paura del dolore che sappiamo arriverà ma che sarà nulla confrontato ad una assenza di rimpianto. E’ consapevolezza di sé, è controllo, è scelta . Lucrezia , la protagonista, allineerà la sua vita a quella di Victor convinta di poter, come sempre nella sua vita, controllare tutto . Nulla sarà più diverso da ciò che lei aveva pianificato fino a conoscere la travolgente ribellione, fiera del suo orgoglio ingaggerà una guerra con il suo stesso cuore per non concedersi ad un amore non corrisposto . Si tufferà volontariamente in due occhi crudeli e belli sapendo che vi troverà la morte per annegamento, consapevole che quel che dopo l’aspetterà non sarà più vita , ma sopravvivenza scandita da una inguaribile mancanza, dettata però dalla libertà della scelta fatta . Siamo spesso schiavi dei nostri limiti , ma quanto di noi siamo disposti a tradire per oltrepassarli ? << Non bisogna mai partire da un risultato , se lo facessimo tutto sarebbe falsato , ogni gesto e pensiero mutato dal desiderio di giungere dove si è stabilito e non dove veramente siamo attesi… sei enigma e mistero che vivrò per sempre o forse mai più… >> Lucrezia da Come un’isola di Monika M.
La donna in copertina ti somiglia nella vita sessuale? Cos’è per te l’amore? Cosa pensi del sadomaso e delle donne sottomesse dai loro mariti e schiave? Uno scrittore non scrive di sé, quindi no, la donna in copertina non mi somiglia. Pretendere di definire l’amore è da illusi , persino ad uno scrittore mancano le parole. Cosa penso del sadomaso o in genere di questo tipo di rapporto? Che chi lo pratica in modo autentico oggi è una rarità , per il resto è unicamente gente che vive una “moda” . Concludo dicendo che sono per la libertà assoluta dell’individuo , augurandomi unicamente che sia consapevole .
Rosa Santoro